Meglio tardi che mai. Finalmente qualcuno si comincia a lamentare. Qualche giorno abbiamo partecipato alla prima manifestazione “Priorità alla Scuola”.

In quel di Trastevere, si è svolta una delle prime manifestazioni, mantenendo la distanza e con le mascherine. La protesta partiva dalla lettera (con raccolta firme) di metà aprile scorso inviata alla ministra Azzolina.

Nel corso dell’evento, i cartelli recitavano ”la scuola non è un pc”, oppure “Con la Dad ritorno burattino”, sventolando un disegno di Pinocchio con le orecchie da ciuchino. Tanti i precari a protestare.

In via Bernardino da Feltre, a pochi metri dal Ministero dell’Istruzione, si sono ritrovati circa in 500 in contemporanea con altre 18 città, da Milano a Trapani. Tra di essi genitori, studenti, insegnanti, il Coordinamento dei docenti precari ma anche Non una di meno e i Cobas: tutti a chiedere la riapertura della scuola a settembre.

Sicuramente eravamo e siamo ancora troppo pochi, inoltre un po’ spaesati. Perché le tematiche si confondono.

Da una parte c’è la questione DAD, ovvero la didattica a distanza ed i disagi che ha creato, nell’applicazione, spesso affidata alle capacità personali di ogni maestro.

Da un’altra c’è la questione assunzioni, con il recente accordo sul concorso per 32mila precari che (e se) avverrà, solo dopo l’estate.

Infine, c’è una parte determinante, secondo noi la più grave, che mostra il totale abbandono da parte del Governo, nei confronti dell’Istruzione di questo Paese.

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Scuola, Università, bambini, ragazzi. I veri sacrificati di un lockdown senza fine. Il confronto con il resto d’Europa è impietoso. Nessuno si è sognato di lasciare tutti a casa senza un vero progetto, senza tentativi di riaprire con misure di sicurezza, diversificando, scegliendo nuove formule, proponendo piani.

Da noi, il nulla. Ora, forse, qualcosa si muove.

Possibile che non si possano studiare strategie diverse? Le università sono tutte uguali? Le classi e le età dei ragazzi? Tutti trattati come se vivessero la stessa identica privazione. E’ davvero così?

Resta la sensazione drammatica che il Italia il fanalino di coda è quello dell’istruzione, che dovrebbe essere invece il motore del Paese.

Maestri sempre più in crisi tra programmi da risistemare, compiti da correggere e genitori che con occhio indagatore giudicano la scelta delle lezioni, sistemati in prima fila.

Non parliamo poi di questi ultimi, costretti a fare i salti mortali tra lavoro e bambini da non lasciare soli, chissà per quanto tempo. Non per tutti, i nonni e la baby sitter sono una scelta immediata e, in tale marasma, l’unica verità è che anche da questo punto di vista non eravamo preparati.

Didattica a distanza, pc e problematiche varie

La scuola “da casa” ha, inoltre, portato alla luce il problema della tecnologia, non sempre così sviluppata e presente come crediamo. Ecco, dunque che mancano connessioni adeguate, tablet, pc e tutti quei dispositivi che ogni ragazzo dovrebbe avere per poter lavorare lontano dall’aula.



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